Dopo 10 giorni e 1.400 miglia di navigazione ci troviamo finalmente in pieno Oceano Atlantico, esattamente a metà tra il porto di partenza di Lanzarote a quello d’arrivo in Martinica. Siamo più precisamente a metà trà la Gyre del Nord Atlantico e quella sud – longitudine 23° 29.2888 N, latitudine 39° 11.5933 W - a metà tra due delle cinque “zattere di plastica” o “zuppe di plastica” per alcuni, galleggianti in pieno oceano.
Le condizioni meteo sono state un alternarsi tra “patana” in gergo velistico poco vento a vento molto forte con picchi di 39 nodi. Qui in mezzo all’oceano le condizioni meteo variano molto repentinamente, da sole e 28° a pioggia talmente fitta da non vedere più in la di 30 metri con 17°.
Fortunatamente abbiamo appena passato il Tropico del Cancro e da qui in poi le condizioni meteo dovrebbero essere più favorevoli e con venti meno intensi. Nonostante tutti i miei anni di esperienza in mare, circa 19, con diversi tipi di barche, da derive di 4 metri a cabinati di 20, mi trovo per la prima volta in pieno oceano aperto e per la prima volta a soffrire un po’ di maldimare e come me metà delle ragazze a bordo.
Non ho mai visto delle onde così alte e lunghe come in questi giorni, è un alternarsi di onde che si incrociano e di muraglie di acqua di circa 4-5 metri che spingono la barca in tutte le direzioni.
La sensazione a volte è di sentirsi su un guscio di noce in una lavatrice in piena centrifuga.
Stare al timone a volte è più difficile di quanto mi aspettassi, ma mettendo in perfetto assetto e sicurezza la barca, le maestose vele di Sea Dragon permettono di solcare qualsiasi onda con leggiadra determinazione. Negli ultimi giorni abbiamo avuto qualche piccola avventura, dalla rottura di una delle scotte principali del fiocco (vela più a prua della barca) alla quasi collisione alle 3 di notte con un cargo di nome San Fernando. (Sul blog eXXpedition.comtrovate la storia dell’evitata collisione e della riparazione del fiocco più in dettaglio).
La barca è meticolosamente organizzata dalle cuccette perfettamente incastrate l’un l’altra ai loculi di 40x50x27 dove mettere i nostri oggetti personali (unico spazio personale a bordo per 3 settimane) alle etichette posizionate su ogni cassetto e ogni posto dalla cucina, alla cambusa al bagno.
Siamo a metà tra una accademia militare di sole donne a un laboratorio scientifico a vela.
In soli pochi giorni tra risate e momenti estremi di sopravvivenza siamo diventate una vera famiglia, affiatate e appassionate di vela, tecnologia e scienza, curiose di scoprire la salute dell’oceano e come questa è connessa con la nostra salute personale.
Il tempo a bordo viene scandito dai tempi dei “watch-team” nei quali a gruppi di 4-5 ragazze a rotazione gestiamo la barca, gli orari più tosti e difficili sono da mezzanotte alle 4 del mattino e dalle 4 alle 8 del mattino. Il mio “watch-team” quest’oggi era dalle 4 alle 8 del mattino poi dalle 6 alle 8 del pomeriggio e tra un paio di ore da mezzanotte alle 4. Pranziamo a mezzogiorno tutte insieme in coperta e ceniamo al tramonto alle 6 quando il tempo ce lo permette o sottocoperta sentendo di più il rollio delle onde oceaniche.
Gli orari notturni nonostante le temperature si abbassino e talvolta piogge improvvise ci prendano alla sprovvista, sono i migliori momenti in barca per lo spettacolo indescrivibile che si ha nel navigare in notturna, il cielo costellato di piccoli diamanti compenetra l’oceano come un continuo pattern di luci e suoni.
Con il tablet di bordo la sera ci dilettiamo a osservare il cielo e con app come “SkyWatch” scopriamo pianeti, stelle e costellazioni che altrimenti non avremmo mai potuto vedere a occhio nudo. Ogni notte riusciamo a vedere di media 3 stelle cadenti che nel completo buio sembrano quasi fuochi d’artificio.
Ogni pomeriggio dedichiamo 4-5 ore a fare dei test e sperimenti scientifici sulle condizioni e la salute dell’oceano, attraverso una manta, strumento per la raccolta di microplastiche e campioni d’acqua. Quello che facciamo nello specifico è immergere la manta a poppa dell’imbarcazione e tracciare tutti i dati con l’app marine debris tracker, sviluppata da Jenna Jambeck, professoressa dell’University of Georgia a bordo con noi.
Tracciamo orario, longitudine e latitudine del percorso della manta che “pesca” plastica per circa mezzora ogni volta e se avvistiamo sea-birds o altri animali in prossimità durante la navigazione. Allo scadere dei 30 minuti riprendiamo la manta a bordo e nei 3 filtri nella coda della manta cataloghiamo e analizziamo ciò che troviamo da microplastiche, alla densità di uova di pesci per metro cubo o altri organismi che troviamo.
Ad oggi nei tre giorni di “pesca” abbiamo tracciato una media di 30 pezzetti al giorno di microplastiche da 0.5mm a 45mm palline di polietilene e polipropilene a film di plastica di circa 2cm.
Questi numeri per molti forse non risulteranno impressionanti, ma pensare di essere a migliaia di miglia dalla civiltà e dalla costa più vicina e nonostante questo trovare le conseguenze dei nostri stili di vita consumistici è alquanto impressionante e drammatico. La prima volta che ho visto con i miei occhi cosa è uscito dalla manta, nonostante l’oceano a occhio nudo sembri perfettamente pulito e intatto, sono rimasta sconvolta e tutto questo mi fa riflettere sempre di più oltre che in prima persona, come progettista e come consumatrice.
Credo che ci sia moltissimo lavoro da fare a partire dai cambi di stili di vita di ciascun individuo, alle decisioni quotidiane dalle più piccole alle più grandi aziende a regolamentazioni e leggi del governo per evitare alla radice questi tipi di problemi che stanno irrimediabilmente danneggiando non solo i nostri oceani ma l’intero ecosistema del nostro pianeta.
A bordo tra scienziate, ricercatrici e imprenditrici ci stiamo informando a vicenda sulla complessità del problema e sul come nei nostri diversi settori possiamo tentare di risolvere o quantomeno lenire questa deriva di inquinamento che sta veramente influenzando oltre che la salute degli oceani anche la nostra. Nonostante il poco spazio fisico a bordo, il fermento è grande e l’immaginazione e gli intenti infiniti. Mi domando solo se sara’ possibile fare un eXXpeditionMed nel Mediterraneo, soprattutto vicino alle coste italiane che da patrimonio dell’Unesco stiamo danneggiando senza via di ritorno.
Il tempo a bordo passa molto velocemente e dobbiamo usare con parsimonia il tempo libero che abbiamo per riposare e prepararci per le intemperie che ci aspettano e la pesca di plastica che oramai è diventato il nostro passatempo primario.
Un saluto ultrasalmastroso dall’Oceano Atlantico.
Caterina
23° 29.2888 N. 39° 11.5933 W